L’affermazione di attori nel mondo della regia non è certo una novità, e l’ultimo a unirsi a questo club è Michele Riondino con il suo debutto dietro la macchina da presa in “Palazzina Laf“. Un film che, a differenza di molti altri, si distingue per il suo realismo e dramma, attingendo a una storia autentica ambientata nella Taranto degli anni Novanta. Un periodo in cui l’industria siderurgica, in particolare gli impianti dell’ex Ilva, sembrava avere un futuro radioso, prima di subire una trasformazione che avrebbe cambiato la vita dei lavoratori in modi inimmaginabili.
La Trama di Palazzina Laf
Al centro del racconto c’è Caterino Lamanna, interpretato dallo stesso Riondino, un operaio degli altiforni che, all’apparenza, si mostra scettico verso le lotte sindacali e deluso dalla sua modesta situazione familiare. Tuttavia, il destino lo porta a diventare una pedina nelle mani del direttore dello stabilimento, il dottor Basile, interpretato magistralmente da Elio Germano. In cambio di una piccola promozione e dell’uso di un’auto aziendale non proprio nuova, Caterino si ritrova coinvolto in un gioco di spie all’interno della fabbrica.
L’opera di Riondino mette in luce una situazione sinistra nella Palazzina Laf, così chiamata perché situata nelle vicinanze del Laminatoio a freddo. Qui, alcuni operai, confinati senza suppellettili o strumenti di lavoro, trascorrono le giornate inattivi. La prospettiva di essere trasferito in questo luogo sembra un sogno per Caterino, ignaro del fatto che sta per entrare nel primo caso di mobbing riconosciuto in Italia. Un’oppressione che mira a far accettare loro mansioni sottostimate, con conseguente riduzione di stipendi, ruoli e dignità.
L’idea
Il film, tratto dal libro di Alessandro Leogrande intitolato “Fumo sulla città”, pone l’attenzione su un periodo critico della storia tarantina, rendendo giustizia a una storia che è stata, per troppo tempo, relegata nell’oscurità. Riondino, oltre a dirigere, si cimenta anche come sceneggiatore, affiancato da Maurizio Braucci, noto per il suo contributo a film come “La paranza dei bambini” e “Martin Eden”.
Nel corso di una recente intervista, Riondino ha condiviso il suo impegno a portare alla luce una ferita aperta nel cuore del Meridione italiano. Taranto, con i suoi problemi occupazionali, l’inquinamento ambientale e le drammatiche vicissitudini dell’ex Ilva, diventa il palcoscenico in cui si svela un capitolo oscuro della storia lavorativa italiana.
Le Tematiche
La decisione di affrontare questo tema è maturata sette anni fa, quando Riondino ha sentito il bisogno di esprimere la sua prospettiva sulla questione tarantina attraverso il suo linguaggio artistico. Documentandosi accuratamente, il regista ha condotto interviste ai veri confinati, ai lavoratori, agli operai, ma anche ai procuratori generali e agli psichiatri che si occupano di coloro che sono stati vittime di questa pratica oppressiva.
Il film mira a far comprendere al pubblico che, dietro ai numeri della produzione e della cassa integrazione, c’è un problema più profondo: l’inquinamento psicologico e umano. La Palazzina Laf diventa il simbolo di questo inquinamento, rappresentando il primo caso di mobbing riconosciuto in Italia, un fatto cruciale che tutti dovrebbero conoscere.
La colonna sonora
Il coinvolgimento di Antonio Diodato, con il brano “La mia terra”, aggiunge un tocco significativo al film. Il pubblico è invitato a rimanere seduto durante i titoli di coda per ascoltare integralmente il brano, che rappresenta un sunto della nascita del mito di Taranto fino ai giorni nostri.
Dal 30 Novembre al Cinema
“Palazzina Laf” si presenta come un film che va oltre la cronaca, scavando nei recessi della realtà tarantina per portare alla luce un dramma umano che ha lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del Meridione italiano. Un racconto che, attraverso la lente di Michele Riondino, ci invita a riflettere sulle ingiustizie nascoste dietro le apparenze industriali e a mantenere gli occhi aperti di fronte alle sfide ancora presenti nel mondo del lavoro.