Mauro Rostagno, un uomo dalle mille vite, una figura che ha attraversato la storia d’Italia con un impegno incessante, spaziando dalla politica al sociale, fino al giornalismo d’inchiesta. La sua storia torna oggi protagonista grazie alla docuserie “Mauro Rostagno. L’uomo che voleva cambiare il mondo”, un documentario in due parti scritto da Roberto Saviano e Stefano Piedimonte, diretto da Giovanni Troilo e prodotto da Sky e Palomar in associazione con Sky Studios. In onda su Sky Documentaries e disponibile in streaming su NOW dal 26 febbraio, il racconto ripercorre la straordinaria parabola di un uomo che ha sempre avuto il coraggio di cambiare, fino a diventare una voce scomoda e pagare con la vita il prezzo del suo impegno.
Mauro Rostagno: Un’esistenza in continua trasformazione
Nato a Torino nel 1942, Rostagno si forma politicamente nelle lotte operaie in Piemonte prima di diventare uno dei leader di Lotta Continua, movimento rivoluzionario del Sessantotto. Ma la sua non è una storia fatta di rigidità ideologica: in lui convivevano più anime, in un percorso di continua metamorfosi. Dopo l’esperienza politica, viaggia in India e si unisce alla comunità spirituale di Osho, per poi tornare in Italia con un nuovo obiettivo: aiutare chi aveva bisogno. Fonda così la comunità Saman a Trapani, un centro innovativo per il recupero dei tossicodipendenti.
Tuttavia, il suo destino era ancora in evoluzione. A Trapani, Rostagno si reinventa giornalista, trasformando la piccola emittente locale RTC (Radio Tele Cine) in un punto di riferimento per la denuncia sociale. Dai suoi microfoni smaschera le connivenze tra mafia, politica e massoneria, affrontando a viso aperto il potere criminale. Le sue inchieste fanno rumore, disturbano equilibri consolidati. Fino alla notte del 26 settembre 1988, quando viene brutalmente assassinato mentre rientrava alla comunità Saman.
Un omicidio tra depistaggi e giustizia tardiva
Dopo la sua morte, le indagini prendono strade tortuose, segnate da depistaggi e accuse infondate. Per anni vengono esplorate piste improbabili, dalle presunte trame politiche oscure fino alle insinuazioni su un coinvolgimento di sua moglie Chicca Roveri e del cofondatore di Saman, Francesco Cardella. Solo nel 2014 arriva la verità giudiziaria: la mafia trapanese ha ordinato il suo omicidio. Vincenzo Virga e Vito Mazzara vengono condannati rispettivamente come mandante ed esecutore materiale.
Mauro Rostagno: Il ricordo di un uomo che ha scelto di combattere
Nel documentario, tra le tante voci che raccontano Rostagno, emerge quella della figlia Maddalena, che all’epoca dell’omicidio aveva solo 15 anni. Il rapporto con il padre era fatto di contrasti, come spesso accade tra genitori e figli adolescenti. Ma negli anni, attraverso la ricerca della verità, Maddalena ha compreso pienamente il valore della sua eredità: “Non voglio che venga ricordato solo come una vittima di mafia. Mio padre era consapevole di ciò che faceva, ha scelto di combattere, non era un martire inconsapevole”.
Un’eredità di libertà e cambiamento
Roberto Saviano, che ha prestato la sua voce come narratore della docuserie, riflette su ciò che lo affascina di più in Rostagno: la sua capacità di vivere coerentemente la propria evoluzione, senza paura del giudizio altrui. “Ho invidiato la sua meravigliosa libertà, il coraggio di cambiare, di scegliere la felicità senza rimorsi”, afferma Saviano.
“Mauro Rostagno. L’uomo che voleva cambiare il mondo“ non è solo il racconto di un’esistenza straordinaria, ma un monito per il presente. In un’epoca in cui la disillusione sembra prevalere, la sua figura rappresenta ancora oggi un esempio di integrità e di resistenza civile. Un uomo che ha creduto nella possibilità di cambiare il mondo e che, con il suo sacrificio, ha lasciato un’eredità incancellabile.