Il film “Man in the Dark” (titolo originale Don’t Breathe) è un thriller horror uscito nel 2016 e diretto da Fede Alvarez. Il film ha riscosso un grande successo al botteghino, incassando oltre 150 milioni di dollari a fronte di un budget di appena 9,9 milioni. Dietro la sua realizzazione, però, ci sono numerosi dettagli interessanti e retroscena che rendono questa pellicola ancora più affascinante.
Un titolo che cambia
In alcuni paesi, il titolo del film è stato modificato per adattarsi meglio al pubblico locale. Ad esempio, in Italia è stato distribuito come “Man in the Dark”, mentre nel resto del mondo ha mantenuto il titolo originale “Don’t Breathe”, che significa “Non respirare”. Questo cambiamento di titolo potrebbe essere stato pensato per attirare maggiormente l’attenzione del pubblico italiano.
Un regista amante dell’horror
Fede Alvarez, il regista del film, non è nuovo al genere horror. Prima di “Man in the Dark”, aveva diretto il remake de “La Casa” (2013), che ha ricevuto ottime recensioni per il suo stile crudo e violento. La sua esperienza con l’horror ha influenzato molto l’atmosfera del film, rendendolo un’opera tesa e spaventosa.
Un’ambientazione claustrofobica e realistica per “Man in the Dark”
L’intera vicenda si svolge principalmente all’interno di una casa di Detroit, scelta simbolicamente per rappresentare il degrado della città. Sebbene alcune scene siano state girate in loco, gran parte delle riprese interne si è svolta in uno studio a Budapest, dove la casa è stata ricreata fedelmente.
Scene girate al buio quasi totale
Per aumentare il senso di realismo e tensione, alcune scene sono state girate in condizioni di illuminazione estremamente ridotta. In particolare, la famosa scena in cui i protagonisti si muovono nel buio più assoluto è stata girata utilizzando una speciale telecamera in grado di catturare immagini in condizioni di scarsa luminosità.
Un cast ridotto ma efficace
Il film presenta un cast molto ristretto: i protagonisti principali sono interpretati da Jane Levy (Rocky), Dylan Minnette (Alex), Daniel Zovatto (Money) e Stephen Lang nel ruolo del terrificante uomo cieco. La scelta di un cast limitato ha permesso di creare una tensione maggiore e un’atmosfera claustrofobica.
La preparazione fisica di Stephen Lang per “Man in the Dark”
Stephen Lang, che interpreta il pericoloso ex militare cieco, ha seguito un intenso allenamento fisico per rendere il suo personaggio ancora più credibile. Sebbene il suo personaggio sia non vedente, l’attore ha lavorato con esperti per perfezionare i movimenti e il comportamento di una persona con questa disabilità. Inoltre, Lang ha mantenuto un aspetto muscoloso e intimidatorio per rendere il personaggio ancora più minaccioso.
Un film quasi senza musica
A differenza di molti altri thriller, “Man in the Dark” fa un uso minimo della colonna sonora, puntando piuttosto su suoni ambientali e silenzi inquietanti per aumentare la suspense. Questo aspetto è stato studiato per coinvolgere maggiormente lo spettatore e farlo immedesimare nei protagonisti, che devono rimanere il più silenziosi possibile per non essere scoperti.
Un sequel che amplia la storia
Dato il successo del primo film, nel 2021 è uscito “Man in the Dark 2” (Don’t Breathe 2), che approfondisce il personaggio dell’uomo cieco, esplorandone il passato e mostrando un lato più complesso della sua personalità. Tuttavia, il sequel ha diviso il pubblico e la critica, con alcuni che hanno apprezzato lo sviluppo della storia e altri che hanno criticato la trasformazione del protagonista.
Un finale alternativo
Esiste un finale alternativo per “Man in the Dark”, mai utilizzato nella versione cinematografica. In questa versione, la storia prende una piega ancora più inquietante, con un epilogo più aperto che avrebbe lasciato spazio a interpretazioni diverse da parte del pubblico. Tuttavia, i produttori hanno deciso di optare per il finale definitivo per rendere la storia più conclusiva e soddisfacente.