Quando si parla di cinema western all’italiana, il nome Django è sinonimo di culto. Il personaggio, interpretato da Franco Nero nel classico del 1966 diretto da Sergio Corbucci, ha lasciato un segno indelebile nel genere, tanto da ispirare numerosi sequel apocrifi. Tuttavia, il vero seguito ufficiale arrivò solo nel 1987 con “Django 2 – Il grande ritorno“. Ecco alcune curiosità e retroscena legati a questa pellicola.
Un ritorno atteso per oltre vent’anni
Nonostante il successo del primo film, ci sono voluti più di due decenni per vedere il ritorno ufficiale di Django sul grande schermo. La ragione principale fu la volontà di Franco Nero di aspettare la giusta sceneggiatura. Alla fine, il progetto prese vita grazie alla regia di Nello Rossati (accreditato come Ted Archer), con un Django ormai invecchiato e costretto a tornare in azione.
Il ritorno di Franco Nero
Franco Nero accettò di tornare nel ruolo che lo aveva reso celebre, ma con alcune condizioni. L’attore desiderava che Django fosse più maturo e con una maggiore profondità psicologica. Il personaggio, infatti, non è più un mercenario spietato, ma un uomo segnato dal passato che ha trovato rifugio nella fede, salvo essere costretto a tornare alla violenza per salvare la propria figlia. Questo sviluppo narrativo aggiunge una dimensione drammatica al personaggio.
Un cast internazionale per “Django 2 – Il grande ritorno”
Oltre a Franco Nero, il film vanta un cast internazionale di tutto rispetto, che include Christopher Connelly nel ruolo del villain Orlowski e Donald Pleasence in un ruolo secondario ma incisivo. La presenza di attori stranieri ha contribuito a dare al film un respiro internazionale.
Il cambio di ambientazione in “Django 2 – Il grande ritorno”
A differenza del primo film, ambientato in un contesto tipicamente western con deserti polverosi e cittadine di frontiera, “Django 2 – Il grande ritorno” sposta l’azione in un’ambientazione tropicale. Il protagonista, ormai ritiratosi in un monastero, si trova a combattere contro trafficanti di schiavi nelle giungle del Sud America. Questa scelta narrativa rappresenta una delle maggiori differenze rispetto all’originale e conferisce al film un’atmosfera più esotica.
L’influenza dei film d’azione anni ’80
Gli anni Ottanta furono il periodo d’oro del cinema d’azione muscolare e spettacolare. “Django 2 – Il grande ritorno” risente di questa tendenza, adottando un tono più avventuroso rispetto al cupo spaghetti western originale. Le scene di combattimento e l’uso abbondante di esplosioni e sparatorie strizzano l’occhio ai film d’azione americani dell’epoca, rendendo questa pellicola un unicum nel panorama western italiano.
Un’accoglienza tiepida per “Django 2 – Il grande ritorno”
Nonostante l’attesa dei fan, “Django 2 – Il grande ritorno” non ebbe lo stesso impatto del primo film. La critica accolse la pellicola con recensioni contrastanti, sottolineando il cambio di tono e di ambientazione come elementi divisivi. Tuttavia, con il tempo, il film ha guadagnato uno status di cult tra gli appassionati del genere, apprezzato per il suo stile ibrido tra western e avventura.
L’eredità del personaggio
Sebbene “Django 2 – Il grande ritorno” non abbia generato un franchise ufficiale, il personaggio di Django è rimasto una figura iconica del cinema. Quentin Tarantino ha reso omaggio all’originale con il suo “Django Unchained” (2012), e Franco Nero ha persino fatto un cameo nel film. Questo dimostra come Django, in tutte le sue incarnazioni, continui a influenzare il cinema contemporaneo.