Nel panorama del western all’italiana, pochi titoli possono vantare lo stesso impatto e la stessa eredità di “Django”, il film diretto da Sergio Corbucci nel 1966. Con il suo protagonista taciturno e il suo stile crudo e violento, questa pellicola ha ridefinito il genere, influenzando cineasti di tutto il mondo. Ma dietro la macchina da presa e sul set si nascondono molte curiosità e aneddoti che rendono la pellicola ancora più affascinante.
Un titolo di successo (e imitato)
“Django” ottenne un successo straordinario al botteghino, tanto da generare un’ondata di film che cercavano di sfruttarne il nome. Sebbene ufficialmente abbia avuto solo un sequel diretto nel 1987 (“Django 2 – Il grande ritorno”), innumerevoli pellicole degli anni ’60 e ’70 utilizzarono il nome “Django” nel titolo, pur non avendo alcun legame con il film originale.
Franco Nero: un’icona del western
L’attore Franco Nero, allora poco conosciuto, divenne una star grazie alla sua interpretazione del misterioso pistolero. Il suo sguardo glaciale e la sua presenza scenica contribuirono a creare un personaggio iconico. Quentin Tarantino, grande fan del film, ha reso omaggio a Nero coinvolgendolo in un cameo in “Django Unchained“ (2012), dove l’attore italiano scambia un dialogo con Jamie Foxx, il “nuovo” Django.
L’ispirazione dietro il film
Sergio Corbucci si ispirò a diversi elementi per la realizzazione di “Django”. Alcuni critici vedono un’influenza del capolavoro giapponese “La sfida del samurai” (1961) di Akira Kurosawa, da cui anche Sergio Leone aveva tratto ispirazione per “Per un pugno di dollari” (1964). Inoltre, il film riflette un’atmosfera cupa e brutale, con un’ambientazione più fangosa e decadente rispetto ai western tradizionali.
La famosa bara
Uno degli elementi più iconici di “Django” è la bara che il protagonista trascina per gran parte del film. Questo dettaglio inizialmente lasciava perplessi gli spettatori, ma si rivela poi essere un espediente geniale: al suo interno, infatti, si trova una mitragliatrice, che Django usa in una delle scene più spettacolari del film.
Un film censurato e bandito
A causa della sua violenza esplicita, “Django” fu censurato in diversi paesi. In Gran Bretagna, ad esempio, il film venne bandito per molti anni e solo nel 1993 ricevette finalmente una distribuzione ufficiale. Anche in Italia subì tagli e restrizioni, poiché il suo stile crudo e sanguinoso era considerato eccessivo per l’epoca.
La colonna sonora indimenticabile
La musica del film, composta da Luis Bacalov, divenne un elemento distintivo dell’opera. Il brano principale, “Django”, interpretato da Rocky Roberts, è rimasto nella memoria degli spettatori e viene ancora oggi considerato uno dei temi musicali più celebri del cinema western.
Il successo nel tempo
Nonostante le controversie iniziali, “Django” è oggi considerato un cult assoluto. Il film ha avuto un impatto duraturo, influenzando registi come Quentin Tarantino, Robert Rodriguez e Takashi Miike. La sua eredità è evidente non solo nei western, ma anche in molti altri generi cinematografici.
Trailer del film “Django”